E’ in atto una mutazione profonda della partecipazione sociale, che passa attraverso i media caratterizzati da interattività, immersività e connettività permanente e globale.
Il web rappresenta un modello pluralista e democratico, molto bello perché può dar voce a chiunque, ma anche profondamente violento e malato in molte sue componenti.
Ma la rete non è né l’inferno, né il paradiso: è una piazza neutra, ed ognuno sceglie a quale discorso vuole prendere parte e con chi. Come per i libri o i video generalisti, prendiamo quelli che preferiamo e, se graditi, li lasciamo entrare nel quotidiano, nei giudizi, nelle azioni, altrimenti si dimenticano presto e va bene così.
Il fatto che molti possano esprimersi, farsi ascoltare e entrare in pubblico dibattito non pone alriparo dalla presenza di tante assurdità. Vi è però il lato positivo della necessità di essere attenti, scettici, di cercare riferimenti incrociati, di trovare da soli ciò che ci serve.
È una battaglia che si gioca su un piano molto insidioso e la posta in gioco è il recupero della cultura e del suo senso, della dignità del reale, della relazione diretta “corporea”, recupero del senso dialogico e dialettico da persona a persona. La cultura deve poter migliorare la qualità della vita, la propria singolarissima vita, che è anche vita di relazione, vita di affetti, vita politica e di partecipazione. C’è bisogno di persone che sappiano pensare fino in fondo i loro pensieri, che amino studiare, che non sfuggano il contatto con l’altro e che sappiano contrattare le reciproche intolleranze senza odio e paura, perché vogliono edificare nella relazione. È possibile? Io penso di sì.
Il web è solo uno strumento e un ponte, non uno scopo, e infine somiglia a chi sei tu. (dal blog Manuale Inapplicabile).
Una risposta su “Il lato nascosto della rete”
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